Firma 'Garajo'

Campagna di Bagheria #2

1936, olio su tavola 32x41 cm

... Il mondo di Garajo ha come riferimento costante la realtà siciliana...

(Paolo Portoghesi, 1988)

Paesaggio veneto

1942, acquerello su carta 22x28 cm

Torneranno frequentemente lungo l'intero percorso dell'artista queste soluzioni di scomposizione e ricomposizione dinamica: talora in modi più espliciti, come in un acquerello del '42, dove case e fabbriche si innalzano in una agitata proiezione assonometrica...

(Franco Grasso, 1988)

Villarosa #1

1948, acquerello su carta 22x32 cm

Piazza Palagonia: l'arena

1949, olio su tavola 28x43 cm

Da Bagheria ad Aspra

1953, olio su tavola 24x48 cm

... Sullo sfondo, il mare dà senso, forza e animazione a quella sfilata di edifici ciascuno dei quali, attraverso il colore, conquista una sua identità: sembra quasi che l'artista abbia voluto leggerci dentro e ritrovare, in quei "lammioni" allineati, una vita familiare, una presenza umanizzante delle persone che li hanno abitati...

(Paolo Portoghesi, 1988)

Tramonto su Bagheria

1954, olio su tela 50x70 cm

Dentro di sè l'uomo non avverte più vita, e allora cerca fuori, si allontana sempre più dalla verità. E s'affanna a costruire sul vuoto le quinte di uno smisurato palcoscenico. Intanto passa il tempo, e l'uomo s'indura e s'inasprisce e si svuota di ogni sensibilità e semplicità. Contro questa situazione Nino Garajo costruisce in solitudine la sua pittura, un silenzioso omaggio alla terra con le sue stagioni e alla realtà dell'amore, dell'amicizia, del rispetto per la dignità di tutti. Questi i confini della sua ricerca, e ancora la sensazione di una malinconia profonda, che vela come in memoria lontana i paesaggi e le cose, i tetti del paese restato nel cuore a sigillo di un mondo antico, dove l'uomo era ancora se stesso, e così la natura, e che ora ritorna come simbolo di perdute realtà.

(Elio Mercuri, 1971)

Panorama di Bagheria

1956, olio su tavola 49x69 cm

... più alto è l'incanto del Panorama di Bagheria, dipinto o reinventato o sognato a Roma nel '56, dove le ombre che salgono dalla terra avvolgono gli agrumeti e gli ulivi in un cupo fermento di turchini di verdi di viola, poi sospingono gli uni sugli altri i cubi dell'agglomerato urbano, per fermarsi alla cornice dei colli oltre i quali si stende finalmente il chiarore dei cieli.

(Franco Grasso, 1988)

Periferia romana #3

1958, olio su tavola 28x36 cm

... Immagini o soltanto memorie? Sogni ricercati lungo i passi di campi perduti, tra strade e case nella malinconica certezza di un mondo che non trova altra realtà che in questo stanco, e allo stremo, nostro cuore.

(Elio Mercuri, 1971)

Città notturna

1959, olio su tela 150x90 cm

... Dalla luce mattinale al buio della notte: Garajo è riuscito intorno al '60 in un'impresa da altri fallita, a dipingere il buio sulla città e sulla marina, quando si accendono d'improvviso le luci che proiettano sul nero assoluto fasci di giallo abbagliante che costruiscono i volumi delle case, alzano ciminiere sulle fabbriche, scoprono recinti fitti di vegetazione, rivelano a poco a poco in sordina i colori nei toni più bassi. Una visione fantasmatica ma non da incubo, una città allegra e vitale, quale F.T. Marinetti l'auspicava in un ipotetico futuro: "noi canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche..."

(Franco Grasso, 1988)

... Molto ardita ed originale la scelta del soggetto, e di eccezionale maestria compositiva il risultato, nella Città notturna. È una realtà urbana industriale, con un potente effetto di modernità e anche di spiazzamento. Una modernità che aggredisce il territorio senza arrivare però a un nuovo, proprio equilibrio. Il frastuono dei suoi colori si confronta con l'azzurro del mare, di una stabilità fortissima ma travolta e confinata in un angolino dove mare e cielo si confondono.

(Paolo Portoghesi, 1988)

"Ricordo di Aspra"

1970, olio su tela 40x50 cm

... Garajo scendeva agli inferi delle origini e riscopriva che in fondo quasi niente era mutato. Questo lo rallegrava e lo avviliva nello stesso tempo. Certi sentimenti li ritrovava intatti, altri li vedeva travolti da un facile consumismo. Il vecchio e il nuovo che si intrecciavano e si confondevano agitavano l'ago della sua bussola, sconvolgevano quell'unica radice in cui fermamente credeva. Del mondo in progress nulla lo stupiva, molto credeva utile e necessario, senza però accettare che nella propria terra l'ordine delle cose potesse in qualche modo risentirne. La carica di sentimenti, che veniva a rinverdire dalle parti di casa, era così sempre più intensa, ma minuta, il seme di un limone dentro il quale trafugava il miele e l'amaro dell'origine.

(Giuseppe Servello, 1978)

Al mare #2

1974, tecnica mista su carta 32x44 cm